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Marco Di Capua
NOTTURNI PER MATITA SOLA
Quando Beatrice Cignitti esegue queste sue carte, così limpidamente inattuali e di una maniera che è senza difetti, compie il doppio esercizio della contemplazione e della difficoltà. Esercizio che apparirà scandaloso ai dannati della produzione e dell’accumulo e a confronto di tutta l’enorme quantità di sottoarte che li specchia .... Difficilmente certe polarità del disegno risultano più evidenti come in questo caso: essenzialità e concentrazione, una forza che seleziona e traccia contorni anche là dove non ce ne sarebbero (perché è così che noi strappiamo all’opacità, all’inerzia ciò che vediamo) che percepisce ritmi di linee anche solo mentalmente, che isola e focalizza le immagini (la continuità del mondo, muta, assediante, è spezzata, pochi elementi sono eletti) e ne riconosce e tenta con la pressione della mano i limiti, i punti di fuga nello spazio, che antepone al caos il nitore mansueto di alcune cose, la loro parte di luce, l’ombra. Limpidamente, con chiarezza. Solo che qui è sempre sera. Diresti: notturni per matita sola. Un piano di posa un po’ lunare, simile a un paesaggio vuoto, dove siano deposte lucide, stravaganti architetture. Una luce scura. E un’ombra – ombra che è sentimento del tempo, concorderebbe Redon – che scintilla .... Ecco allora vetri e conchiglie e ceramiche – ma perché sempre contenitori vuoti? offerte votive? in attesa? nascondigli e raccoglitori di che? – figure che si lasciano lentamente plasmare dallo spazio che le circonda, come stando in un grembo chiaroscuro. E poi rifrazioni interne della materia, sostanze mutevoli, echi, specchiature: quasi che ogni singola immagine possegga non una ma molte voci, variabili, modulate. Suoni che, non percepiti, rigano l’aria .... Con quali pazienza e lentezza ed esattezza Beatrice sa estrarre ogni effetto possibile da un mezzo così semplice e povero. E non per esibire vanamente non so che bravura o destrezza – anche se poi il talento qui è evidente, e riflette l’immagine di una bambina che fin da subito si esprime bene, facilmente, solo così – ma perché esistere, per questo tipo di artisti, è tentare di svelare l’essenza dell’altro, e poco importa che questo sia una persona, una parte di mondo o soltanto un oggetto.
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